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SwiSCI
Swiss Spinal Cord Injury Cohort Study
Studio di coorte svizzero per persone con lesioni del midollo spinale
“La determinazione con cui le persone con lesione midollare desiderano tornare a lavorare è impressionante“

“La determinazione con cui le persone con lesione midollare desiderano tornare a lavorare è impressionante“

“La determinazione con cui le persone con lesione midollare desiderano tornare a lavorare è impressionante“

“La determinazione con cui le persone con lesione midollare desiderano tornare a lavorare è impressionante“

Nella nostra intervista Pirmin Wolfisberg dà un'idea del suo lavoro come job coach a ParaWork.

Signor Wolfisberg, in qualità di consulente per il reinserimento professionale (job coach) lei aiuta le persone con lesione midollare a reinserirsi nel mondo del lavoro. In cosa consiste esattamente il suo lavoro?

La nostra consulenza comincia quando il paziente ha concluso la prima riabilitazione. Già nel corso di quest’ultima ParaWork effettua numerosi accertamenti che servono come punto di partenza: desideriamo creare per le persone delle condizioni propizie al loro reinserimento e offrire una consulenza professionale.

Il percorso inizia con colloqui coordinati tra l’impiegato, il datore di lavoro e le assicurazioni: determiniamo assieme quali attività può effettivamente intraprendere la persona, in quali giorni e il relativo tasso di occupazione, l’eventualità di una formazione, ecc. Da parte mia verifico anche che il posto di lavoro sia accessibile in carrozzina o se sono necessari ulteriori adeguamenti attraverso l’ergoterapia o enti specializzati nell’edilizia priva di barriere architettoniche. Risulta fondamentale anche effettuare accertamenti con le assicurazioni sociali per garantire un rapporto adeguato tra il lavoro retribuito e le prestazioni assicurative.

In qualità di consulente per il reinserimento professionale devo sempre prestare attenzione a tutti i partner presenti nel sistema e assumermi in una certa misura il ruolo di mediatore. In molte situazioni è possibile preservare il rapporto di lavoro preesistente, alcune persone necessitano in seguito delle misure di riqualificazione, altre devono invece intraprendere un nuovo orientamento professionale. Li assistiamo nella formazione e nel perfezionamento e poi nel reinserimento professionale. L’accompagnamento nel processo di reinserimento può durare da pochi mesi ad alcuni anni. È impressionante constatare quanto siano determinate queste persone a riprendere un lavoro.

In quali casi cerca di reinserire le persone presso il datore di lavoro precedente? In quali situazioni invece si propende a cercare un nuovo datore?

Nella maggior parte dei casi le persone hanno la possibilità di fare alcune ore di prova presso il precedente datore di lavoro. La maggioranza delle persone coinvolte può in seguito riprendere un’occupazione regolare. A seconda dei casi può trattarsi della medesima posizione di prima o di una nuova mansione ad hoc in un'altra divisione. Molto dipende dalle attività che la persona svolgeva in precedenza e dal suo grado di limitazione fisica. Spesso le persone continuano però a lavorare nello stesso settore o in un’area analoga. Coloro che svolgevano un’attività di ufficio, sono propensi a rimanere nella medesima posizione. Un falegname, invece, può essere impiegato nel controllo qualità o riqualificato per poter utilizzare un macchinario. Un muratore può intraprendere una formazione per diventare capocantiere.

Esistono anche situazioni in cui è necessario intraprendere un percorso completamente nuovo che contempli altri profili professionali e anche nuovi datori di lavoro. Un operaio copritetti con lesione midollare, in linea di principio, non sarà più in grado di salire su un tetto. Qualora la ditta per cui lavora sia di dimensioni ridotte e impieghi pochi collaboratori, un trasferimento interno all’azienda potrebbe non essere possibile. In simili casi è necessario ricorrere a una consulenza lavorativa a tutto campo. Già nel corso della prima riabilitazione i pazienti ricevono una consulenza professionale volta a sensibilizzarli alla tematica lavorativa, nel quadro della quale vengono discusse nuove opportunità d’impiego. Non è raro che l’idea di un perfezionamento lavorativo maturi solo dopo la dimissione dalla prima riabilitazione.

A quale stadio è possibile terminare il job coaching?

Idealmente il nostro lavoro di job coach può considerarsi terminato quando la persona trova un’occupazione che rispecchi le sue possibilità e aspettative e le prestazioni delle assicurazioni sociali sono prese a carico.

I risultati dello studio SwiSCI rivelano che le persone con lesione midollare tornano sì a lavorare dopo la prima riabilitazione, ma che tendono ad abbandonare il lavoro dopo un certo periodo di tempo. Quali sono a suo avviso le ragioni di questo fenomeno?

Le ragioni sono molteplici. Uno dei problemi fondamentali è che queste persone non sono in grado di far fronte alle esigenze fisiche del lavoro. In questi casi l’individuo non è in grado di ottemperare alle prestazioni concordate: ciò provoca frustrazione e sovraffaticamento, e può portare anche all’interruzione del rapporto lavorativo. Anche una ristrutturazione interna all’azienda può portare a questo risultato, ad esempio qualora vi sia un cambio di direzione aziendale: se la dirigenza precedente può sentire una sorta di responsabilità sociale nei confronti del lavoratore in questione, un simile legame può venir meno nel caso di un cambiamento dei vertici. L’abbandono dell’attività può però essere anche dettato da altri fattori, come problemi interpersonali, un tragitto troppo lungo per recarsi al lavoro o motivi di salute.

Durante il job coaching cerchiamo di discutere l’eventualità di simili situazioni. Più avanti nel percorso riabilitativo l’Associazione svizzera per paraplegici con i suoi consulenti costituisce un interlocutore chiave per problemi lavorativi.

Quali sono le prime reazioni dei datori di lavoro quando le persone fanno ritorno al lavoro?

Rimango sempre sorpreso di quanto si dimostri aperta e conciliante la maggior parte dei datori di lavoro. Cercano infatti di fare tutto il possibile affinché la persona possa rimanere nell’azienda, sia attraverso la creazione di una postazione di lavoro accessibile in carrozzina o attraverso un riadeguamento delle mansioni e delle funzioni. Quando la persona torna a lavorare per la prima volta dopo la prima riabilitazione, l’incontro con i colleghi è spesso caloroso e commovente.

Che cosa consiglia ai diretti interessati per rimanere soddisfatti e produttivi a lungo sul luogo di lavoro?

Ritengo sia importante fare attenzione alla propria salute. Le persone para e tetraplegiche sono a rischio complicazioni, per es. lesioni da pressione, infezioni o dolori. La prevenzione e le terapie richiedono tempo e risorse. È quindi importante tenerne conto nel pianificare la propria attività lavorativa. All’inizio mi capita di dover in un certo senso “frenare” i pazienti, che desiderano tornare a lavorare a pieno ritmo perché può portare a sovraffaticamento e insoddisfazione. Se compaiono anche problemi di salute, la situazione lavorativa ne risente. Per esempio, una lesione da pressione che deve essere curata in ospedale, è associata spesso con lunghi periodi di assenza dal lavoro.

Per questo consiglio sin dall’inizio di optare per un grado di occupazione che sia gestibile nelle nuove condizioni di vita.

Per essere soddisfatti e ottenere successi sul lavoro occorre anche organizzare opportunamente il proprio tempo libero, in linea con i propri interessi, che si tratti di sport, affiliazioni a club o attività artistiche. Un buon equilibrio tra vita professionale e vita privata è importante per chiunque, indipendentemente dalla presenza di una lesione midollare.

Signor Wolfisberg, molte grazie per questa intervista!

Pirmin Wolfisberg
Pirmin Wolfisberg

Pirmin Wolfisberg

Coach per la carriera e la formazione professionale presso ParaWork